L’amore fedele anche dopo la morte. Il legame tra il sentimento e tutta una vita felice passata.
La fedeltà dell’amore che diventa orgoglio. L’orgoglio che sconfigge il disonore.
Taureana, porto di Pietrenere. Donna Canfura è una virago di adamantini principi morali.
Vedova più che mai innamorata e fedele al suo sposo, sarà tratta in inganno dall’astuto corsaro Cyrus che invaghito di lei tenterà di rapirla. Sarà l’amore per la sua terra, l’amore per i ricordi di una felicità vissuta a fare di Canfora un pesante schiaffo morale alla superficialità dell’animo corsaro. Canfora si ribellerà alla sorte preferendo la morte all’umiliazione di essere schiava.
Fra i ruderi che si osservano sul luogo ove un giorno sorse la città Taureana si scorge un ammasso rettangolare di solidissima fabbrica, che sembra essere stato la base di un sontuoso edificio. Esso viene comunemente designato col nome di “Casa di Donna Canfora”. La tradizione racconta che un giorno un capo corsaro avendo sentito decantare le bellezze di Donna Canfora e desiderando conoscerla, travestito da mercante, sbarcò con un carico di mercanzia a Pietrenere, porto di Taureana, e si recò al palazzo. “La fama delle vostre virtù giunge fino ai lidi più lontani dell’Arabia e della Persia, madonna.” la salutò il corsaro. Donna Canfora accettando l’omaggio dell’uomo lo volle ospite alla sua tavola. Si mostrò esperta di navigazione e di mercato, cose che colpirono nettamente l’uomo. La virago confessò di essere rimasta vedova da poco tempo e che tutto era accaduto alla vigilia di un viaggio che lei con il consorte avevano pianificato. “Forse non è buon segno che io lasci la mia terra. L’avventura che ho sempre sognato non posso che viverla attraverso i miei studi.” confessò arresa la donna. Conquistato dall’animo così fiero, e dal fascino che le sue forme rotonde le davano, il corsaro si offrì alla donna quale nuovo capitano per il viaggio che non aveva potuto fare. Al contrario di quanto si aspettasse, Donna Canfora rise di quell’invito poiché “Solo uno sciocco straniero può pensare che io lasci la casa che mi ha vista felice con il mio amato sposo!”. Deriso da tanta forza, e più che mai intenzionato ad averla, il corsaro decise di rapirla, ideando un inganno: “Poiché non siete nuova ai mercati, vorrei osservaste la merce che porto sulla mia nave. Concorderete con me che si tratta di stoffe pregiate e la vostra gente non crederà che io sia un furfante se voi li rassicurate.” disse. Donna Canfora accettò l’invito e, accompagnata dalla nutrice, si recò a bordo. Ricevette inchini e omaggi di fiori da parte di un equipaggio sorprendentemente gentile e delicato. Il corsaro si offrì di accompagnarla nella stiva dove si trovavano i tessuti preziosi, mentre la nave intanto, senza che lei se ne accorgesse, aveva issato le vele prendendo subito il largo. Risalita sul ponte e accortasi di esser stata ingannata, Donna Canfora cercò di ribellarsi al suo destino, chiedendo al corsaro di essere riportata a terra, inutilmente. Ormai prossima alla sventura di essere trascinata nella cabina del comandante la bella Canfora, vedendosi sola tra quei barbari, consapevole di non uscirne illesa, chiese di essere lasciata libera un istante per dare l’ultimo saluto alla sua casa e alla sua terra natale. L’inganno riuscì. Dritta sulla poppa con gli occhi puntanti sulla grande distesa marina, gli amici che agitavano le braccia in un gesto disperato e la riva che si allontanava veloce, si lanciò in mare gridando: “Impara, o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”
Le vesti di broccato azzurro, appesantite dall’acqua, non le diedero la possibilità di guadagnare la riva e così scomparve fra le onde senza mai più risalire.
In quel posto, in memoria di Donna Canfora, la storia narra che le acque diventarono d’un azzurro cangiante, a volte verde smeraldo, a volte turchese striato d’oro e d’argento e che il fondo si coprì di alghe, di attinie e di bellissime asterie dalle forme svariate e dai mille colori.
Ancor’oggi, quando l’eco dello sciacquio dell’onda sulla battigia si perde nella campagna, sospinta dalla brezza marina, i contadini locali raccontano ai bambini la leggenda di Donna Canfora ed insegnano loro che quel monotono murmure non è altro che l’accorato lamento col quale ella saluta ancora ogni notte la sua casa e la sua terra natale.
Secondo un’altra versione della leggenda, Donna Canfora sarebbe stata tramutata in sirena, ed il suo canto malinconico, ancora oggi, talvolta viene udito dai pescatori del luogo.
abiti: StylModa- Alessandra Ruffolo, Tania Oliverio, Roberta Guagliardi
modelli: Marzia Matalone e Giuseppe Morabito
Ricerca storica: Luigi Bilotto
Adattamento testi: Alessandra Key Cappa;
Acconciature e trucco: Vicky Guzzo hair stilist
Foto: Biagio Oliverio