
La forza dell’amore che sovrasta ogni barriera. L’obbedienza alle pulsioni dell’anima. Il coraggio della sfida, la vendetta dell’umiliazione e l’amore che si trasforma in tenerezza.
Hipponion, odierna Vibo Valenzia. La ninfa Scrimbia cede al sentimento d’amore che la spinge verso un giovane mortale che la corteggia da tempo. Il loro amore incosciente sfiderà le dure leggi del padre degli dei che punirà entrambi con il tormento di una pena immutabile.
La città di Hipponion, odierna Vibo Valentia, venne fondata da Locri sul finire del VII sec. a.C. su un pianoro prospiciente la costa tirrenica. Appartiene a questa terra la storia di una ninfa, Scrimbia. Era una delle tante Idriadi che popolavano l’antica città. La sua specifica natura di Potameide, le conferiva l’aspetto di attraente fanciulla, vergine e in età da marito. Era conosciuta come grande benefattrice e rispettata per la grande capacità di rendere fertile la natura. Sua abitudine era cantare felicemente durante i periodi di caccia, per favorire la buona riuscita dell’impresa. A differenza di molte sorelle, Scrimbia non era una dea immortale. Anzi, pur vivendo una vita estremamente lunga, era molto più vicina alla natura mortale che a quella divina. Soprattutto, ciò che l’allontanava dalla maggior parte delle sue simili, che rinnegavano qualunque impulso umano, Scrimbia era particolarmente incline alla passione, tipica caratteristica dei mortali. Un’inclinazione così forte che faceva di lei la protettrice dei fidanzati che andavano a bagnarsi nell’acque del suo fiume, il Mesima. Tra i tanti innamorati che visitavano le sue acque, uno in particolare le era caro: un giovane aggraziato, dalla pelle ruvida e dagli occhi penetranti che scriveva poesie d’amore che gettava nel fiume come omaggio alla ninfa. Scrimbia, aspettava sempre con grande ansia i nuovi versi e pian piano si rese conto di provare un qualche trasporto particolare per il giovane. Provava batticuore quando accoglieva il corpo del ragazzo nelle sue acque, si sentiva accalorata quando lo vedeva uscire nudo e sdraiarsi ad asciugarsi, e provava inquietudine quando lui invocava con ardore il suo amore per lei prima gettare una nuova poesia in acqua. Che i due provassero entrambi ardore e passione l’un l’altro era molto evidente. Tuttavia per quanto vicina alla natura umana, una semidea e un mortale secondo le leggi divine non potevano assolutamente unirsi i matrimonio; ciò avrebbe scatenato la punizione di Zeus. Resa accecata dall’amore però, un giorno Scrimbia, non sopportando di vedere l’amato lacerato dall’idea di un amore non corrisposto, decise di rivelarsi: portò con sé tutti i fogli che aveva conservato, nel tentativo di mostrare al giovane quanto era grande l’ammirazione e il sentimento da lei provato. Il giovane, che ignorava le leggi divine, le si avvicinò baciando quel delicato viso inumidito di acqua e lacrime. Al solo sfiorarle, le labbra si racconta, se ne innamorò ancor di più. Cullati dalle profumate onde del fiume, i due amati si strinsero quanto poterono fino all’alba, decantando i versi che entrambi custodivano nel cuore. Pregando Zeus di perdonarla per l’aver ceduto all’amore, Scrimbia passò tutto il giorno scrutando il celo nell’attesa che il fido Ermes portasse la risposta del padre degli dei. Ma il dio alato, su ordine supremo, era stato mandato dal giovane. Accusato di alto tradimento, la sua passione si trasformò nella sua condanna: “Se con lei è che vuoi vivere, che da lei tu mai sia separato!” disse il dio agitando il caduceo. Quando sul finir del giorno Ermes si presentò a Scrimbia, la ninfa vide nelle mani del dio una piccola pianta di calamo aromatico. “L’uomo con l’uomo, il divino con il divino. Così ha detto il padre degli dei.” le disse il dio prima di congedarsi. Comprendendo cosa significassero le parole del messaggero, Scrimbia scoppiò in lacrime, provando per la prima volta il sentimento del dolore, che la sua natura a metà non poteva sopportare. Afflitta per aver distrutto la natura umana dell’amato, comprendendo che la sua condanna sarebbe stata quella di non riuscire a superare il dolore di ciò di cui era stata causa, si racconta che Scrimbia passò i rimanenti lunghi anni della sua vita a recitare e comporre versi d’amore al verde calamo, dalle cui radici la gente imparò ad estrarre un preparato per liquori. Ben pochi però sanno che il liquido di quella pianta altro non erano che le lacrime amare e commosse del giovane, il solo e unico gesto umano che Zeus gli risparmiò.
abiti: Istituto di Istruzione Superiore “N. de Filippis – G. Prestia” Vibo Valentia
modelli: Rugeria Gallizzi e Giovambattista Merandi
Ricerca storica: Luigi Bilotto
Adattamento testi: Alessandra Key Cappa;
Acconciature e trucco: Vicky Guzzo hair stilist
Foto: Biagio Oliverio